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La Solitudine Dei Numeri Primi di Paolo Giordano

La lettura porta ad una sensazione di nostalgia, ancora più nello specifico una nostalgia italiana, desiderio struggente di ritornare a

Uno dei motivi che mi ha portato a leggere La Solitudine Dei Numeri Primi è il fatto che sia ambientato a Torino, dove sono cresciuto. Ho iniziato a leggere il libro sperando che riuscissi a relazionarmi un minimo alla storia, un fattore importante direi, sebbene mai scontato. La sfida più difficile per uno scrittore è creare una storia originale ed autentica, imprevedibile, con i personaggi che sembrino reali e il miglior modo per renderli umani è farli sbagliare. In questo posso dire che Paolo Giordano sia stato monumentale, i due protagonisti Mattia e Alice potrebbero essere benissimo dei nostri vecchi compagni di classe, vicini di casa e ancora meglio, in certi momenti, noi stessi. Scorrendo tra le pagine ho capito che è facile relazionarsi, e questo è molto importante perchè ogni giorno viviamo situazioni e proviamo emozioni complesse, difficili da comprendere e a volte ancora più da spiegare; per nostra fortuna abbiamo la letteratura.

La lettura porta ad una sensazione di nostalgia, ancora più nello specifico una nostalgia italiana, desiderio struggente di ritornare a luoghi, tempi o eventi del passato nel bel paese, sentimento ancora più forte e a mio viso intraducibile in altre lingue, che si unisce ad altre parole uniche nella propria lingua come: Forelsket (norvegese) “L’euforia che provi quando inizi ad innamorarti”, wabi-sabi (giapponese) “Trovare la bellezza nelle imperfezioni” e yuanfen (mandarino) “Il destino tra due persone” quest’ultima viene generalmente usata come un proverbio: (yǒu yuán wú fèn), che si può tradurre più o meno con “avere una sorte senza un destino” nel caso di Mattia e Alice si può usare questa massima quando una coppia è destinata ad unirsi ma non a vivere assieme.

Paolo Giordano ha descritto i due protagonisti così: “I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri.” Due ragazzi marchiati da eventi passati che li hanno cambiati per la vita, distanti dagli altri e incompresi da tutti. Alice e Mattia si incontreranno poi nell’adolescenza, saranno vicini ma mai uniti veramente così i numeri primi si evolvono: “Tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero.”

C’è un altro aspetto del libro che merita attenzione, ed è il modo in cui Paolo Giordano esplora il concetto di solitudine, non solo come stato d’animo ma come condizione esistenziale. La solitudine di Mattia e Alice non è solo il risultato di eventi traumatici o di scelte personali, ma sembra essere una sorta di destino ineluttabile. Entrambi sono intrappolati in un isolamento che li separa non solo dagli altri, ma anche da se stessi. È una solitudine che diventa parte della loro identità, un marchio che portano dentro e che condiziona ogni relazione, ogni gesto, ogni decisione.

La genialità di Giordano sta nel mostrare come questa solitudine, pur essendo dolorosa, possa anche essere protettiva. Mattia, ad esempio, trova nella sua passione per la matematica una via di fuga, un rifugio dove le regole sono chiare e tutto ha un senso, a differenza della confusione emotiva che caratterizza le sue relazioni umane. Alice, invece, cerca di nascondere le sue fragilità dietro una facciata di distacco, ma il suo corpo tradisce il dolore che porta dentro.

In questo senso, La Solitudine Dei Numeri Primi non è solo una storia di due vite spezzate, ma un’esplorazione profonda della condizione umana, della nostra incapacità di connetterci veramente con gli altri e del bisogno di trovare un equilibrio tra il desiderio di vicinanza e la paura di essere feriti. È una riflessione toccante su quanto sia difficile, a volte, vivere davvero.

Il racconto non si basa solo sul passato e sulla sua influenza su ognuno di noi, ma, anche su scelte e decisioni nel presente. Vi sono molti passaggi dove i due cercano di incontrarsi, momenti “cluo”, scambi veloci ma interminabili, agire è richiesto, una sola parola e può cambiare tutto: “le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per il tempo restante”, la descrizione geniale di Giordano. Decisioni a cui poi penseremo, ci pentiremo, ci mangiamo dentro con il desiderio di poter tornare indietro e cambiare tutto, o saremo contenti delle scelte fatte altrimenti non saremmo le persone che siamo oggi.

Questo capolavoro si può descrivere con la celebre frase di Mark Twain: “La realtà supera la fantasia perché la fantasia deve avere un senso, la realtà no.” Paolo Giordano ha portato una storia inventata che sa di reale, l’aspirazione massima di ogni scrittore e spesso irraggiungibile. La comunità letteraria si è accorta subito del suo talento premiandolo e comprando milioni di copie.